«Che accadrebbe se un giorno o una notte, un demone strisciasse furtivo nella più solitaria delle tue solitudini e ti dicesse: “Questa vita, come tu ora la vivi e l’hai vissuta, dovrai viverla ancora una volta e ancora innumerevoli volte, e non ci sarà in essa mai niente di nuovo, ma ogni dolore e ogni piacere e ogni pensiero e sospiro, e ogni indicibilmente piccola e grande cosa della tua vita dovrà fare ritorno a te, e tutte nella stessa sequenza e successione. L’eterna clessidra dell’esistenza viene sempre di nuovo capovolta e tu con essa, granello della polvere…» (Nietsche)
In un sistema finito, con un tempo infinito, ogni combinazione può ripetersi infinite volte.
L’eterno ritorno dell’uguale è uno dei capisaldi di alcune grandi correnti filosofiche, tra cui gli stoici e Nietsche. In base a questa teoria, l’universo rinasce e rimuore in base a cicli temporali fissati e necessari, ripetendo eternamente un certo corso e rimanendo sempre se stesso.
L’ “eterno ritorno” è visto come una trappola statica alla quale è sottoposto il destino umano, che nel suo movimento apparente tra passato, presente e futuro, è necessariamente immobilizzato dalle “scorie indigeste” della propria storia personale, dal proprio substrato psichico, che rallenta e modifica nella sua struttura (nel senso di “impedirlo”) ogni progresso o cambiamento. Se mai l’analisi tecnica ha una base filosofica, è questa. La storia si ripete. I segnali si ripetono. Gli errori si ripetono. Si ripete – costante – il percorso dalla paura all’avidità e poi – dopo un culmine in cui le due si uniscono, avidità e paura di non partecipare alla festa – giù ancora alla paura. Se mai esiste un tipo di analisi che più di ogni altra si avvicina alla ricerca di una determinazione metodologica di questi concetti applicati ai mercati, di certo questa è l’analisi ciclica.
Nel 2001, mentre le banche centrali dei maggiori paesi del mondo vendevano oro prevedendone un prezzo sotto i 50 Usd/Oncia nel decennio successivo, alcune voci fuori dal coro sussurravano cose diverse. Le banche centrali avevano fatto un errore enorme – e un regalo all’investitore lungimirante – e qualcuno cominciò a credere che avrebbero ricomperato l’oro che avevano venduto molto, molto più caro. Una cosa assurda, come parlare nel 1994-1995 di un imminente Bull Market epocale sulla borsa italiana (Scripta Manent).
Sulle ceneri di quell’errore e del pessimismo cosmico in cui versava l’oro nasceva un Bull Market generazionale, il più grande e profittevole di questo decennio. In tutte le occasioni in cui ho avuto modo, in questi anni, di parlare dell’oro ho continuato a sostenere questa tesi. Ma ho anche avuto tre appoggi formidabili: (1) i miei modelli di analisi ciclica; (2) lo scetticismo costante della maggior parte degli investitori, privati e istituzionali; (3) l’avversione sistematica dei media al rialzo del metallo giallo.
Regola numero uno: un movimento è tanto più forte, quanto più l’azione dei prezzi (= la realtà) è avversata dagli investitori e dai media. Ciò che “è” contro ciò che “dovrebbe essere”.
Regola numero due: un movimento non è finito finché l’ultimo degli scettici non si è rassegnato e si è accodato al treno.
Regola numero tre: ipercomperato e ipervenduto sono indicazioni tattiche. Ma l’ipercomperato è il partner dei rialzi, come l’ipervenduto è il partner dei ribassi.
Regola numero quattro: in un movimento (al rialzo o al ribasso) tutte le correzioni sono opportunità di ingresso nella direzione del trend, fino a che non è provato che il trend si è concluso.
L’Eterno Ritorno del Sempre Uguale è semplicemente l’Eterno Ritorno degli errori che si accompagnano al mancato rispetto di queste quattro regole.
Questo grande rialzo dell’oro non è il primo. Ce ne fu un altro negli anni ’70: durò 10 anni e portò l’oro da 35 a 835. La prima tappa portò da 35 a 300: circa otto volte, proprio come il movimento 2001-2011. Ma fu nei sei mesi finali che l’oro esplose, passando da 300 a 835. Questo rialzo, per ora, è durato oltre DIECI anni ed ha portato da 250 a 1920 (circa otto volte). Esiste un’analogia tra i due rialzi? Una, forte: la tendenza dei tassi di interesse reali ad andare sotto zero. Alla fine degli anni ’70 c’era iperinflazione, ma l’inflazione era anche più elevata dei tassi a breve. Risultato: tassi reali negativi. Oggi, invece, i tassi reali negativi arrivano dalla deflazione: inflazione bassa, ma tassi di mercato ancora più bassi. Non è certo questa l’unica motivazione del rialzo dell’oro, ma è il vero, grande legame che unisce questi due rialzi. Quindi, il paradosso apparente è che solo un rialzo dei tassi che riporti i tassi reali in positivo – quindi un’economia in netto miglioramento e capace di porre fine alla spirale di creazione di moneta virtuale – potrebbe strutturalmente porre fine al rialzo dell’oro.
Da inizio 2012 l’oro è salito di altri 150 USD. Siamo alla vigilia di un’esplosione come quella che accompagnò gli ultimi sei mesi del 1979? Non lo so. Non ne ho idea. Solo negli ultimi mesi ho visto l’avversione contro l’oro diventare rabbiosa accettazione. E l’oro (titoli auriferi compresi) non è certo presente nei portafogli degli investitori come sarebbe logico aspettarsi, vista la performance strepitosa degli ultimi dieci anni. La prima definizione di “bolla”, applicabile dai tempi della Mania dei Tulipani del XVII secolo, è una esagerata presenza di un asset nei portafogli di investitori spesso attratti semplicemente dall’avidità. Quanti di voi o dei vostri amici ha oro nei portafogli? Eppure per undici anni ha fatto in media il 30% all’anno.
Fino a dove si spingerà il Sempre Uguale? Fino a che l’oro resta sopra 1550, supporto enorme e stop strategico, nessuno può dirlo. Non saranno certo poche sedute di normale correzione a modificare il trend. Oltretutto l’oro giallo in questo 2012 rischia di avere un alleato occulto in più: l’oro nero. Il grafico mensile del Brent fa scattare intere batterie di campanelli di allarme. Il petrolio è alto ma tecnicamente non caro. Anzi, è su una giuntura di acquisto: manca solo l’azione del prezzo. E la sua correlazione con l’oro è evidente. Attenzione: il Brent è in letargo tra 101 e 113. Ora vale 111. Dovesse rompere al rialzo 113/114, con questa situazione tecnica il target minimo è 125, senza veri ostacoli fino a 140: con ovvie conseguenze su costi, prezzi e anche sull’oro. Solo sotto 100 il Brent segnalerebbe qualcosa di serio al ribasso: ma allora, con quello che succede nel Medio Oriente, bisognerebbe chiedersi in quale buco recessivo ci si è ficcati per vederlo scendere forte.
Ma l’Eterno Ritorno non è solo qui, sull’oro. Pullula ovunque, sui mercati.
E’ sui bonds governativi, che vivono gli ultimi bagliori di un Bull Market generazionale, in attesa che – finiti (ci vorrà tempo) i supporti degli acquisti concertati e del “quantitative easing” (= stampaggio selvaggio di carta straccia) – ritorni il contatto con la realtà. I bonds devono pagare un interesse non solo fittizio, ma in termini reali: ora non è cosi’, a parte – confidando nel meglio – i BTP lunghi, dei quali è stato già detto nei post precedenti.
E’ sulle commodities, date troppo presto per spacciate. Le commodities agricole sembrano in fermento e i grandi rialzisti storici (Jim Rogers) parlano di imminente esplosione.
E’ sulle borse, dove dopo ogni crollo serve tempo per cancellare il dolore: la ferita del 2011 è ancora aperta e ancora troppi scambiano l’ipercomperato di breve per l’anticipo del nuovo crollo. Rileggere le “quattro regole” enunciate prima. Ora, è senz’altro vero che dopo tre mesi di rally c’è ipercomperato: e c’è ottimismo, come si vede dai dati del Sentiment Survey AAII, che mostrano il 43.8% di rialzisti e il 25.1 di ribassisti.
Ma non è un ottimismo esagerato. Sui veri picchi, la differenza tra rialzisti e ribassisti arriva al 40% e il ratio rialzisti/ribassisti supera il 3. E non è un ipercomperato di tipo distributivo, ma solo da surriscaldamento di breve. L’avidità è ancora strisciante e non è nei portafogli. E l’RSI mensile e trimestrale è ancora lontano sugli indici dai livelli minimi di tutti i precedenti top di lungo periodo. E’ opportuno che i ritardatari, per quanto pressati da ogni parte, resistano e attendano una (possibile, ma non certa) correzione su borse e commodities tra adesso e Marzo per entrare: ma suggerisco grande prudenza ad andare short. Questo movimento va vissuto senza visioni particolari di “lungo periodo” ma solo in quell’ottica perseguita negli ultimi post, di ciclicità positiva di medio termine attiva – anzi attivissima – ma con un tempo limitato a disposizione. Nessuno sa dove può portare: ma un conto è una sensata e statisticamente accettabile presa di profitto tattica, un altro è cercare ossessivamente “il” massimo per il piacere concettuale di anticipare il mercato. Chi va short adesso (senza contare che sull’Italia non si puo’) rischia molto, soprattutto di fare il gioco dei rialzisti.
Il vero timore non è l’ipercomperato, ma l’Eterno Ritorno di avidità e compiacenza, che invariabilmente – dopo che tutti, ma proprio tutti si sono (o si saranno) farciti come piadine di conti al 4% e di bonds a rendimento reale negativo o a rischio emittente, senza discernere tra rischio di credito e rischio di tasso – rischiano di tornare anche su BTP e borse ora della fine di questo strano, stranissimo ciclo.
Sono il creatore del Composite Momentum e di numerosi altri modelli quantitativi e indicatori di analisi tecnica. CSTA (Certified SIAT Technical Analyst) e MFTA (Master of Financial and Technical Analysis), il livello più alto riconosciuto dall’associazione mondiale IFTA. Vincitore di premi, tra cui il John Brooks Award e due edizioni del SIAT Award, sono fondatore della Market Risk Management (marketrisk.it), società leader nei servizi di advisory indipendente (cicliemercati.it). Attualmente ricopro cariche istituzionali all’interno di IFTA e SIAT. Per chi fosse interessato qui c’è il mio profilo completo.