Che cosa è cambiato dopo la decisione della BNS di liberare il cambio del Franco Svizzero contro Euro? Qualcosa di certo è cambiato. In primo luogo, il re è nudo: le Banche Centrali, come tutti sanno ma nessuno dice, si sono ancora una volta dimostrate mentitrici strutturali, non per malevolenza, ma per convenienza, a volte (almeno nella loro opinione) per convenienza collettiva. Fino a tre giorni prima della decisione, la BNS ha detto pubblicamente che avrebbe difeso il cambio con ogni mezzo. Ci sono diverse opinioni sul perché ciò non sia successo. Si va da un eccesso di riserve valutarie nel bilancio della BNS (per difendere il livello di 1.20 la BNS ha dovuto acquistare enormi quantità di EUR), alla semplice presa d’atto che, lasciando il cambio contro EUR fisso, il CHF veniva massacrato contro USD, per finire con l’ipotesi di una perdita di fiducia nell’Euro stesso preventiva al QE della BCE. Certamente, per l’assunto iniziale, diffidiamo che la verità venga rivelata nei comunicati ufficiali. Sia come sia, la mossa della BNS potrebbe passare alla storia finanziaria come il primo atto deliberato di ribellione (o di autonomia) rispetto alla politica globale (keynesiana? dibattito aperto…) di creazione di moneta dal nulla. Semplicemente, la Svizzera si è dissociata e si è posta, per un motivo o per l’altro, sulla posizione del pensiero economico austriaco. Ma facciamo un passo indietro.
La grande storia del mondo è la bolla obbligazionaria. Per decenni, i sistemi politici delle maggiori nazioni sono andati avanti comprando voti in cambio della promessa di sistemi sanitari, pensionistici e di creazione di infrastrutture. I politici, per essere eletti, hanno promesso di spendere le tasse in programmi sociali di cui gli elettori avrebbero beneficiato. Siccome ciascuno alla fine pensa che a pagare siano prevalentemente gli altri (ma, come diceva Sartre, gli altri siamo noi), il gioco è andato avanti. Quando si pensa che i soldi che vengono spesi non siano i tuoi, è facile firmare un assegno in bianco: e questo è esattamente ciò che è successo, con i governi di molte nazioni che sono andati avanti a promettere pensioni sicure, senza preoccuparsi di dove avrebbero trovato i soldi. Quando si è trattato di pagare il conto di queste promesse, i governi hanno capito che le tasse non sarebbero bastate e hanno cominciato a emettere debito (= obbligazioni): e questa è la vera origine della bolla obbligazionaria. Le grandi banche, che avevano un monopolio nel trattare il debito pubblico, erano lasciate libere di gestire questa situazione per tre motivi: 1. loro e i loro grandi clienti potevano utilizzare gli asset “risk free” come i debiti governativi come collaterale a garanzia delle posizioni in derivati, che erano (sono) quelle dove le banche guadagnano i veri soldi; attualmente, il rapporto tra il debito globale (enorme) e i derivati è di 1:5… 2. i governi erano ben felici di lasciare alla banche la patata quando era bollente, come si è visto nella crisi Lehman e ancora dopo nelle ondate di crisi del debito europeo; 3. i detentori di bonds governativi sono al top della catena alimentare finanziaria.
Dal momento che per decenni emettere debito governativo non è mai stato un problema, siamo arrivati dove siamo ora: al punto in cui questo debito non è più matematicamente sostenibile e sarebbe necessario tagliare le spese che questo debito finanzia. Ma tagliare le spese è un suicidio politico: per cui i governi – tutti – piuttosto di venir meno al contratto sociale con gli elettori hanno preferito (e stanno preferendo) usare qualunque mezzo per tirare avanti, emettendo sempre più debito per finanziare il vecchio debito e creando il modello del QE per sostenere questo schema, molto molto simile, a ben riflettere, a quello che oggi in diritto viene chiamato “autoriciclaggio”: se la suonano e se la cantano, emettono il debito e poi fanno il QE per ricomperarselo. Non esiste letteralmente nessuna scorciatoia per uscire da questo vicolo cieco. Il fatto che le Banche Centrali stiano apertamente tagliando i tassi fino a portarli in negativo dovrebbe spiegare meglio di qualunque altro ragionamento quanto siamo avanti in termini di problemi. Per usare un paragone calcistico, siamo nei minuti di recupero, anche se non sappiamo quanti siano. Cosa può succedere? Come sarà il 2015? Per ora, come ampiamente previsto nei post precedenti, i mercati stano metabolizzando questo pesante (indigeribile?) boccone con possenti rigurgiti di volatilità e cominciando a mettere in atto un (sottaciuto dai media) flight to quality verso i beni reali non iperinflazionati (oro, sul quale è entrato un segnale del quale hanno già ampiamente beneficiato i Portafogli Modello di www.cicliemercati.it, Franco Svizzero). Possiamo escludere un altro 2008? Forse, per la semplice ragione che un 2008 si verifica solo se fallisce il sistema bancario. Il sistema bancario mondiale attuale è talmente solido, patrimonializzato e con i rischi sotto il controllo delle Banche Centrali, da poter sopportare il fallimento di uno Stato come la Spagna o l’Italia, figuriamoci una Grecia.
Quello che si può affermare con alte probabilità che sia vero, è che il 2015 sarà l’anno in cui le Banche Centrali smetteranno o saranno forzate a smettere (vedi Banca Centrale Svizzera) di determinare i prezzi delle asset class attraverso l’acquisto delle stesse, in principal modo le obbligazioni Societarie sia High Yield che Investment Grade. Se lasciate libere, diverse asset class perderebbero tra il 10 e il 20% del loro valore. Il valore delle asset class con rischio di credito e rischio di tasso determinato dal mercato libero è diverso dal valore determinato dalle Banche Centrali (vedi Franco Svizzero, che per il mercato valeva il 20/30% in più del valore determinato dalla banca Centrale Svizzera). Diversi mercati azionari hanno valutazioni sostenibili solo grazie alla non competitività delle altre classi di asset (esempio: la borsa USA). In questo scenario di persistente dissonanza cognitiva dell’investitore, istituzionale o privato, l’unico motivo per il quale le Banche Centrali interverrebbero ancora sul mercato attraverso l’acquisto di titoli è solo se pensassero che un crollo dei mercati finanziari potrebbe determinare una nuova recessione.
La mia sensazione è che le Banche Centrali si stiano convincendo che un ribasso dei mercati finanziari non determinerebbe una recessione, almeno non peggiore di quella che già alcune aree rischiano, quindi il 2015 può essere l’anno della liberazione dal controllo delle Banche Centrali. Poi, come dimostrano le due citazioni qui sotto, chiunque si può sempre sbagliare nel valutare le situazioni.
“I cannot imagine any condition which would cause a ship to founder. I cannot conceive of any vital disaster happening to this vessel. Modern shipbuilding has gone beyond that.” – Edward Smith, Capitano della RMS Titanic
“One reason that risk premiums may be low is precisely because the environment is less risky… The Fed has long focused on ensuring that banks hold adequate capital and that they carefully monitor and manage risks. As a consequence, banks are well-positioned to weather the financial turmoil.” – Janet Yellen, attuale Governatore della FED, Luglio-Settembre 2007 (qualche mese prima della crisi)
(Nota – Il titolo del post fa riferimento a un bellissimo film di David Mamet, “Things change“)
Sono il creatore del Composite Momentum e di numerosi altri modelli quantitativi e indicatori di analisi tecnica. CSTA (Certified SIAT Technical Analyst) e MFTA (Master of Financial and Technical Analysis), il livello più alto riconosciuto dall’associazione mondiale IFTA. Vincitore di premi, tra cui il John Brooks Award e due edizioni del SIAT Award, sono fondatore della Market Risk Management (marketrisk.it), società leader nei servizi di advisory indipendente (cicliemercati.it). Attualmente ricopro cariche istituzionali all’interno di IFTA e SIAT. Per chi fosse interessato qui c’è il mio profilo completo.