Anni e anni di politica monetaria caratterizzata da un monumentale allentamento quantitativo e da tassi di interesse negativi hanno influenzato i modelli comportamentali degli investitori e hanno modificato la struttura stessa del mercato, creando in molti casi una sorta di feedback positivo auto amplificante e un clima psicologico di estrema compiacenza, sconfinante in superficialità e banalizzazione.
INVESTIRE PASSIVO E’ BELLO – La struttura del mercato si è trasformata in una trappola, in cui i rischi di concentrazione di varia natura si intersecano: circa il 90% dei flussi azionari giornalieri negli Stati Uniti è oggi passivo o quasi passivo, circa il 90% delle strategie di investimento sta facendo la stessa cosa sia in termini di trend che di legame con la volatilità. Una massiccia concentrazione nei manager vede i primi 3 gestori patrimoniali a livello mondiale controllare la strabiliante cifra di 15 trilioni di dollari (molto più dell’intera capitalizzazione di mercato di diversi paesi del G20).
RAZZA PADRONA – Una percentuale altissima della performance dell’indice nell’ultima decade è dovuta solo a pochissimi titoli azionari, una manciata di titoli tecnologici o legati all’e-commerce ormai diffusi nella stragrande maggioranza degli strumenti di investimento passivi e attivi (i cosiddetti FAANG, allargati ad altri 3/4 titoli).
La struttura del mercato, sotto la spinta inequivocabile dell’ideologia “new age” QE/ZIRP, è il motore di una simultanea sopravvalutazione per bonds e azioni che non ha eguali nella storia finanziaria moderna, quindi non è misurabile in riferimento alla maggior parte delle metriche di valutazione ritenute affidabili: una condizione che estremizza ulteriormente potenziali distorsioni sistemiche.
Il mercato sembra perdere di giorno in giorno la sua funzione chiave di scoperta dei prezzi, la sua capacità di apprendere ed evolvere, i suoi meccanismi intrinseci: in una parola, il mercato ha perso la sua “resilienza”. Di più: il mercato sembra perdere gradualmente la VOLONTA’ di scoprire, perché scoprire significa muoversi e quindi rischiare di sottoperformare o addirittura di sbagliare: cosa che in tempi di tassi zero non è permessa.
FRAGILE O ANTIFRAGILE? – Il mercato diventa, quindi, incline alle dinamiche della criticità, come descritto da “Antifragile” di Nassim Taleb. Questa è la conseguenza poco esplorata e non intenzionale di un’estrema politica monetaria sperimentale: si raggiunge uno status di lontananza dall’equilibrio per i mercati, un cosiddetto equilibrio instabile, in cui la resilienza del sistema si indebolisce e la fragilità del mercato si avvicina ai punti critici di ribaltamento. Un piccolo disturbo è quindi in grado di provocare un grande aggiustamento, spingendo i prezzi in un altro bacino di attrazione, dove si trova un nuovo equilibrio. Nel linguaggio di mercato, più prosaicamente, sta per arrivare la vera volatilità e quasi certamente nelle direzioni meno previste. Le avvisaglie ci sono e sono numerose: basta guardare cosa è accaduto negli ultimi mesi a interi settori, grandi titoli, valute di paesi importanti. Basta non nascondersi dietro alla facilissima scusa di un mercato – quello USA – che ormai sembra aver cancellato dal suo vocabolario con la sua capacità di ripresa quella parola che incomincia con “R”.
AI MARGINI DEL CAOS – Sebbene sia impossibile determinare la soglia precisa per una simile transizione critica all’interno di un mondo stocastico, è possibile dire che siamo già in una zona dove i mercati sono intrinsecamente fragili, dove è sempre più probabile vedere rapidi cambiamenti di regime. Profonda incoerenza tra segnali economici e segnali dei mercati: questi mercati fragili ora siedono ai margini del caos. Questa è la zona magica, teorizzata dagli scienziati della complessità, in cui gli eventi rari, le code della Gaussiana, in entrambe le direzioni e su tutti i mercati, un po’ come è successo tra l’ultimo trimestre 2018 e questa prima parte del 2019, diventano tipici.
Sono il creatore del Composite Momentum e di numerosi altri modelli quantitativi e indicatori di analisi tecnica. CSTA (Certified SIAT Technical Analyst) e MFTA (Master of Financial and Technical Analysis), il livello più alto riconosciuto dall’associazione mondiale IFTA. Vincitore di premi, tra cui il John Brooks Award e due edizioni del SIAT Award, sono fondatore della Market Risk Management (marketrisk.it), società leader nei servizi di advisory indipendente (cicliemercati.it). Attualmente ricopro cariche istituzionali all’interno di IFTA e SIAT. Per chi fosse interessato qui c’è il mio profilo completo.