Le ragioni del no

A fine giornata, quindi a mercati chiusi, quindi senza il timore di influenzare le scelte di nessuno, dico i perché del mio NO al BTP-day.

NO perché il mio Investitore Disciplinato dice di starne fuori (e questo – da solo – a me personalmente basterebbe). NO perché l’investitore obbligazionario ragiona con parametri di volatilità e rischio che in questo momento sono saltati. NO perché siamo nel mezzo di una crisi epocale e nessuno può garantirne la risoluzione. NO perché gli stessi che ci hanno insegnato che dobbiamo pensare globale ed europeo ora ci invitano al nazionalpopulismo finanziario. NO perché un asset definito dai massimi vertici europei TOSSICO per le grandi banche (che devono venderlo per ristabilire i parametri di rischio) non può essere allo stesso tempo valido per un investitore. NO perché si può attendere e comperare BTP quando la situazione sarà più chiara. NO perché di BTP l’investitore italiano è già troppo pieno e questo non fa che aumentare la concentrazione del rischio. NO perché in tre scenari su quattro di soluzione della crisi (iperinflazione, uscita dall’Euro, default) è un investimento perdente. NO, infine, perché nessuno mi deve venire a dire cosa “è bene” che faccia con i miei soldi.

Novembre sta finendo in profondo rosso, con i modelli quasi tutti al ribasso, come vedete dalla tabella sotto. Uniche, non consolatorie eccezioni in positivo: i bonds governativi tedeschi (anche quelli in indebolimento dopo il semifallimento dell’asta), i bonds americani (supportati dal programma TWIST, già commentato in altri post), i corporate non bancari (in caduta dai massimi), l’oro (in trading range) e il Dollar Index. I mercati USA restano meno peggio di quelli europei, anche grazie al USD.

Particolarmente critica la situazione in Europa e ancor più in Italia, con la borsa a -9% e il BTP a -7% (-28% e -18% per il 2011) rispetto a fine Ottobre, nonostante il rimbalzo odierno. A fronte di questa situazione, regna un’attesa messianica per le prossime decisioni e per la riunione europea (ma ormai nessuna riunione riguarda “solo” l’Europa), che ci si aspetta produca qualche soluzione ingegnosa. L’attesa sui mercati è come la speranza: un lusso superfluo.

Regola numero uno: “I mercati hanno sempre ragione e sono gli unici giudici di sé stessi”.

La situazione ha però due fattori critici: il primo è il tempo. La Grecia (di cui non si parla quasi più: come mai?) è agonizzante, con previsioni di PIL da Grande Depressione e con il suo bond decennale – che nella prima fase della crisi, primavera 2010, quotava come il BTP – che quota ora 26 (ventisei): replay Lehman. La Grecia è un eccellente esempio di cosa succede se non si fa presto. La crisi in Grecia, Irlanda e Portogallo ha assunto carattere esponenziale dal momento in cui si è verificata l’inversione della curva dei tassi, che è il segnale del punto critico in cui la percezione del mercato di un problema di liquidità rischia di diventare davvero un problema di solvibilità. Una inversione prolungata della curva aumenterebbe concretamente il rischio di perdere l’accesso al mercato e di dover ricorrere a un salvataggio.

Dato di fatto numero due. I mercati azionari e obbligazionari non riescono a riprendersi nonostante divieti vari di short e acquisti della BCE. Urge spiegare perché il divieto di short è una farsa inutile. Un mercato è composto da due parti: chi acquista e chi vende. Chi vende allo scoperto lo fa in quanto è convinto di poter riacquistare a prezzi inferiori. Dal momento in cui ha venduto allo scoperto, non avendo titoli ma dovendoli acquistare per coprirsi, il “ribassista” è pertanto NECESSARIAMENTE E SOLO UN ACQUIRENTE POTENZIALE, quindi è di fatto il piu’ rialzista dei rialzisti. Chi invece i titoli li ha già è NECESSARIAMENTE E SOLO UN POTENZIALE VENDITORE. Quindi, in un mercato caratterizzato da: (1) contrazione dei margini = vendite forzose; (2) necessità di liquidità = vendite forzose; (3) riduzione del rischio = vendite forzose; (4) stremo psicologico = vendite indotte; (5) liquidazione degli asset italiani e in Euro da parte di molte controparti istituzionali = vendite forzose; (6) riduzioni continue di rating = vendite forzose; e con un liquidity crunch in atto, che di fatto SCORAGGIA A TUTTI I LIVELLI GLI ACQUISTI,

bene

in questo scenario OGGETTIVO hanno levato al mercato l’unica componente che NECESSARIAMENTE prima o poi avrebbe agito in acquisto.

Un altro importante indicatore, il BREADTH, cioè il termometro di salute interna delle borse, dato dal rapporto tra titoli positivi e titoli negativi (blue chips mondiali) è ancora peggiorato rispetto alla chiusura trimestrale di fine Settembre e resta ampiamente sotto lo zero, ma non ancora ai livelli di capitolazione raggiunti in occasione dei minimi 2003 e 2009:

Stock market breadth

Né è riscontrabile sugli indicatori di sentiment o su quelli tecnici di breve (settimanali) una lettura di “eccesso di pessimismo” o ipervenduto come sulla maggior parte degli altri minimi. Questa è la situazione sul MIB:

FTSE MIB – dati settimanali – Al ribasso e senza alcun setup di ipervenduto. A rischio fino a che resta sotto 15000.

La criticità – va ripetuto – NON E’ sulle borse, per quanto l’attenzione vada sempre là, ma sul debito, sulle valute e sulle decisioni politiche.

Regola numero due: “L’unica realtà che conta sui mercati è l’andamento dei prezzi”.

Il secondo dei fattori citati all’inizio è rappresentato dalla soglia di tolleranza: degli investitori privati, di quelli istituzionali, del sistema nel suo complesso. Penso a come si possa sentire frustrato chi di mercati ne sa poco o nulla e ha investito in cose che credeva “tranquille”. A mio avviso  il sistema è vicino al punto di rottura: e il fatto che si parli apertamente di fallimento (o ristrutturazione, meno traumatico) dell’Euro ne è solo una conferma, non la causa. Non entro nel merito di quello che si sta facendo, non facendo o programmando a livello italiano, europeo e globale: ne ho già parlato in tanti post e certe scelte (leggi: patrimoniale italiana) erano e saranno ineludibili. Ma questo non risolverà la questione, che riguarda in primo luogo un modello di crescita (in)sostenibile. Fino a che questa situazione non rientrerà – e la BCE, se è in suo potere, deve farla rientrare quanto prima – sia la logica che i modelli suggeriscono posizioni difensive e diversificate anche in termini valutari. Traduzione: non perdere il sonno cercando i minimi; non aumentare il grado di rischio; non scambiare le riprese intraday o di una/due sedute per inversioni; capire che i mercati non salgono sui target delle case di investimento (in conflitto di interessi) ma sui grandi flussi di liquidità: e in questo momento la liquidità è DRENATA a ogni livello.

Regola numero tre: “La regola più importante sui mercati è: limitare le perdite”. Nessuno è immune, come potete vedere dal grafico della Goldman Sachs:

Goldman Sachs = -50% da inizio anno

Anche quando tutto questo sarà davvero finito, ci vorrà tempo per trasformare la terra bruciata in qualcosa di produttivo.

Letture utili: Bill Gross (PIMCO), Roubini e De occulta philosophia (Fugnoli).

Le ragioni del no ultima modifica: 2011-11-28T17:10:03+00:00 da Francesco Caruso