Scrivo questa mia – personalissima, come sempre – recensione dopo aver assorbito la notizia che il film ha vinto Cannes. Da semplice spettatore pagante mi permetto di dissentire, come ho già fatto per l’ancor più immeritato Leone d’Oro a “Somewhere” di Sofia Coppola. Che molti festival europei siano sempre stati un crogiuolo di intellettualoidi, lo sappiamo tutti. Ma che venga passato per capolavoro uno dei film piòùlenti e introspettivi della storia del cinema, questo faccio fatica ad accettarlo. Ho visto e amato tutti i film di Terrence Malik: un grande; se questo è una specie di “premio alla carriera”, nulla da dire. Ma se si entra nel merito del film, allora – ancora una volta – dissento. Non entro nel merito di una trama peraltro molto più cerebrale e interiore che concreta: il percorso di vita e il confronto con disillusione e dolore di una famiglia americana. La fotografia è sublime, i protagonisti sono bravissimi e il messaggio del film è forte e bello: contano solo i sentimenti, il resto è illusione. Ma il percorso che Malick impone allo spettatore è veramente arduo, un vero tour-de-force di oltre due ore fatto di lunghe pause visive tipo documentario National Geographic (che richiamano – senza assolutamente imitarne la forza – le immagini di “2001 – Odissea nello spazio” di Kubrick) e di scene lentissime, dove anche l’apertura di un cassetto diventa un evento, con una voce a tratti incomprensibile in sottofondo. Io – ripeto – sono un povero utente pagante: credo anche di amare il cinema in tutte le sue forme e non mi spaventa certo il cinema d’autore. Il mio dubbio, che vi trasmetto con la certezza che voi saprete dare una risposta migliore della mia, è che troppo spesso si identifica come “intellettuale” (con accezione positiva) ciò che sfugge alla comprensione immediata – anche se per limiti intrinseci o per eccesso di contorsionismo espressivo. Certamente l’arte è tale in quanto fine a sé stessa e non necessita per forza di accettazione. In questo senso, il film di Malick può essere arte allo stato puro. Ma nel momento in cui lo spettatore viene coinvolto, è lecito un giudizio di merito sulla leggibilità del messaggio. In questo senso, le tre stelle sono una media tra i diversi fattori, per come li ho interpretati e vissuti io. Il film l’ho visto e non me ne pento: ma difficilmente andrei a rivederlo. Ostico.
Sono il creatore del Composite Momentum e di numerosi altri modelli quantitativi e indicatori di analisi tecnica. CSTA (Certified SIAT Technical Analyst) e MFTA (Master of Financial and Technical Analysis), il livello più alto riconosciuto dall’associazione mondiale IFTA. Vincitore di premi, tra cui il John Brooks Award e due edizioni del SIAT Award, sono fondatore della Market Risk Management (marketrisk.it), società leader nei servizi di advisory indipendente (cicliemercati.it). Attualmente ricopro cariche istituzionali all’interno di IFTA e SIAT. Per chi fosse interessato qui c’è il mio profilo completo.