* 1/30 dell’intero, mostruoso debito pubblico americano
* il 15% delle borse di Londra e Tokyo
* il 20% delle borse di Shanghai e Hong Kong (chissà cosa ne pensa qualche miliardo di cinesi)
* il 26% della borsa canadese
* il 42% della borsa australiana
* il 43% della borsa tedesca (chissà cosa ne pensa la Merkel)
* il 46% della borsa svizzera (che forse è a sua volta un filo sopravvalutata, mi perdonino i miei amici luganesi, visto che vale una volta e mezzo quella russa e quasi come quella tedesca)
* il 50% delle borse spagnola e indiana (chissà cosa ne pensa un miliardo di indiani)
* il 65% della borsa russa (chissà cosa ne pensa Putin)
* il 100% della borsa italiana (chissà cosa ne pensate voi).
Solo per fare un altro esempio, Apple ha 60’400 dipendenti, meno di un terzo della Fiat (quasi 200’000) che però capitalizza 1/60 di Apple. Google, invece, capitalizza “solo” 200 miliardi di USD (tanto per capirci: come tre manovrone salvaitalia, oppure un po’ meno del debito pubblico greco oppure circa 1/12 dell’intero debito pubblico italiano) con 32’000 dipendenti. Viviamo in tempi interessanti.
Quando una bolla si può definire tale? Ne avevo parlato a proposito dell’oro (concludendo che non era in bolla). A mio modo di vedere, una bolla ha tre “hallmarks” tecnici:
1. l’accettazione universale dell’idea di perpetuazione della salita (e mai nella storia dei mercati fu vero come lo è oggi per Apple);
2. l’ECCESSO DI PRESENZA di un asset nei portafogli (specie dei piccoli investitori), non un generico ECCESSO DI VALORE, che è solo figlio del primo;
3. una bolla per esistere ed essere tale deve FAR MALE A TANTI, quando scoppia (e quando la bolla Apple scoppierà, farà MOLTO male a MOLTI).
Apple è – a mio parere – il perfetto esempio di bolla speculativa in fase parabolica.
E’ il contrappasso dantesco del Gas Naturale, che non sale mai e che comincerà a salire solo quando l’ultimo investitore (probabilmente a leva), stremato, lo venderà vicino a zero. Provate a dire a un professionista del settore che Apple è in bolla: vi diranno che non è vero, vi diranno che Apple è un’azienda meravigliosa (e lo è senza dubbio) destinata a cannibalizzare tutte le altre aziende del settore sul mercato. E molto probabilmente per qualche mese ancora lui e tutti quelli che sono ultrabullish su Apple avranno ragione. Nessuno, men che meno il sottoscritto, ha la più pallida idea di dove si concluderà questo movimento: anzi, storicamente queste situazioni perdurano ancora qualche mese prima del climax conclusivo, dopo che che qualcuno, tra lo scetticismo generale, comincia a segnalarle. Apple da mesi sale con volumi che scendono. Il ristorante alza i prezzi ma gli avventori sono sempre meno.
Ma attenzione, qui arriva l’Effetto Speciale. Apple è stata ipercomperata come adesso (RSI quarterly sopra 90) solo tre volte nel passato:
1. prima del Crash del 1987
2. sul Grande Top del 2000
3. poco prima del Crash del 2008
Questi sono i dati. Vedete voi.
Pertanto non so quando (penso non tra molto), ma ho qualche idea di più su “come” si concluderà la faccenda, perché la storia si ripete e al posto di Apple, negli ultimi decenni, ci sono stati tanti meravigliosi titoli/mercati di cui si cantavano le sorti magnifiche e progressive e di cui ora si ha solo vago ricordo o che languono a decine e decine di punti percentuali da quando – anni e anni fa – gli ultimi entusiasti compratori li avevano acquistati introrno ai massimi.
Esempi sparsi.
Microsoft, che nel 2000 valeva 53 e ora 31.
Il Nasdaq, che nel 2000 valeva 5500 e ora 3000.
Worldcom – fallita
Enron – fallita
General Electric, che nel 2000 valeva 60 e ora 19
Cisco, che nel 2000 valeva 82 e ora 20
Oracle, che nel 2000 valeva 46 e ora 29
Coca Cola, che nel 1998 valeva 86 e ora 69
La borsa italiana, che nel 2000 valeva 50000 e ora poco piu’ di 16000
Buy & hold, dove sei?
Tutte aziende e mercati meravigliosi che – mentre salivano a parabola – tutti avevano in portafoglio e nessuno discuteva.
Quando un titolo arriva a capitalizzare oltre ogni senso logico, succede SEMPRE qualcosa che lo riporta sulla terra, al di là di ogni giudizio di valore sul suo prodotto. Microsoft negli ultimi 10+ anni ha fatto pena, ma i suoi prodotti li usiamo tutti. La Coca la beviamo tutti, ma è ancora sotto ai massimi di 14 anni fa. Azienda e titolo NON rappresentano sempre la stessa realtà.
Attenzione: opporsi a questi movimenti (= andare short) nella loro fase conclusiva è tuttavia come cercare di fermare un treno impazzito col pensiero. Anzi: bisogna seguirli, questi movimenti. Ma lo scrivente si permette – esattamente come fece tra fine 1999 e inizio 2000 poco prima dello scoppio della bolla di Internet – di suggerire ai suoi lettori di monitorare per bene le proprie eventuali posizioni, alla vigilia di altre strombazzate magnificenze come il collocamento di Facebook, mirabolante azienda sfamatrice di popoli e genti, e magari la stessa Linkedin che – con, udite udite, ben 2116 dipendenti (!) – capitalizza più di Fiat. E chissà cosa ne penserebbe la Camusso se glielo dicessero.
Questo non è certo un’analisi fondamentale ma solo un ragionamento a voce alta. Perdonatemi il sarcasmo e il cinismo, non voglio mancare di rispetto a nessuno, i soldi sono sacri e i mercati sono gli unici giudici di sé stessi: ma qui su Apple siamo alla follia pura, senza che uno – dico uno solo – dei tanti paracommentatori borsistici su web o tv si sia degnato di dire una sola parola sul fatto. Non per dare suggerimenti: solo per “istruzione culturale” del povero investitore e – magari – per amore della ricerca della ragion perduta, per una volta tanto con qualche mese di anticipo sull’ennesima catastrofe che, come al solito, è davanti agli occhi di tutti ma che nessuno ha il coraggio di annunciare.
Sono il creatore del Composite Momentum e di numerosi altri modelli quantitativi e indicatori di analisi tecnica. CSTA (Certified SIAT Technical Analyst) e MFTA (Master of Financial and Technical Analysis), il livello più alto riconosciuto dall’associazione mondiale IFTA. Vincitore di premi, tra cui il John Brooks Award e due edizioni del SIAT Award, sono fondatore della Market Risk Management (marketrisk.it), società leader nei servizi di advisory indipendente (cicliemercati.it). Attualmente ricopro cariche istituzionali all’interno di IFTA e SIAT. Per chi fosse interessato qui c’è il mio profilo completo.